Differenze tra proroga e rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato
La Legge stabilisce che il contratto di lavoro a tempo indeterminato, ossia senza scadenza, sia la forma più comune di rapporto di lavoro. Ogni altro tipo di contratto di lavoro è ammesso ma sempre nel rispetto e nei limiti imposti dalla Legge. Oggi come oggi, anche grazie al Jobs Act, moltissimi giovani sono assunti con un contratto di lavoro a tempo determinato, ossia a scadenza. Andiamo a vedere insieme le caratteristiche di questo tipo di contratto, le differenze tra proroga e rinnovo e i costi che il Datore di Lavoro dovrà sostenere.
Contratto di Lavoro a tempo determinato: cos’è e come funziona
Il contratto di lavoro a tempo determinato ha una data di scadenza al termine della quale il Datore di Lavoro può decidere se avvalersi nuovamente delle prestazioni del lavoratore dipendente oppure no. Quando si oltrepassa la data di scadenza del contratto di lavoro, il rapporto di lavoro si risolve automaticamente senza la necessità di eventuali comunicazioni tra le parti (dimissioni da parte del lavoratore o licenziamento da parte dell’azienda). Quando il Datore di Lavoro decide di avvalersi nuovamente delle prestazioni del lavoratore dipendente ha la possibilità di riaverlo al lavoro prorogando il contratto di lavoro a termine o rinnovando il contratto di lavoro a termine. La normativa relativa ai contratti di lavoro a termine è stata riformata con il Decreto Dignità in vigore dal 1° Novembre 2018.
Come funziona la proroga del contratto di lavoro a termine
Prorogare un contratto di lavoro a termine significa spostare in avanti la data di scadenza del contratto senza alcuna interruzione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro si andrà ad interrompere con la nuova data di scadenza. Con la proroga del contratto il Datore di Lavoro ha dei limiti imposti dalla Legge riguardanti la durata massima del contratto e il numero massimo di proroghe ammesse. Non è possibile infatti prorogare all’infinito un contratto di lavoro a tempo determinato: la Legge consente la stipula di un contratto di lavoro per un massimo di 12 mesi (comprensivi già di eventuali proroghe). Questo limite può essere oltrepassato solamente nel caso in cui il Datore di Lavoro abbia la necessità di avvalersi delle prestazioni del lavoratore dipendente per esigenze non programmabili, temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria (ad esempio la sostituzione di un altro lavoratore o l’incremento temporaneo della mole di lavoro in azienda). In questo caso il limite imposto dalla Legge non può oltrepassare i 24 mesi.
Come funziona il rinnovo del contratto di lavoro a termine
Rinnovare un contratto di lavoro a termine significa attivare un nuovo contratto di lavoro: alla scadenza del contratto di lavoro a termine è necessario uno stacco temporale tra un contratto di lavoro e l’altro. La Legge stabilisce che siano necessari 10 giorni di stacco se il precedente contratto di lavoro ha avuto una durata pari o inferiore ai 6 mesi, se invece il precedente contratto di lavoro ha avuto una durata superiore ai 6 mesi lo stacco dovrà essere di 20 giorni.
Il Datore di Lavoro può decidere se riassumere il lavoratore dipendente con un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato, senza scadenza, oppure sempre con un contratto di lavoro a termine. Anche in questo caso non è possibile rinnovare all’infinito un contratto di lavoro a tempo determinato: la Legge consente la stipula di un contratto di lavoro per un massimo di 24 mesi.
I costi che il Datore di Lavoro dovrà sostenere
Tra le differenze tra proroga e rinnovo di un contratto di lavoro a termine troviamo anche i costi che dovrà sostenere il Datore di Lavoro: la proroga del contratto di lavoro a termine ha un costo inferiore rispetto al rinnovo. Il costo inferiore è dovuto a causa del contributo addizionale dell’1,40% dovuto all’Inps sulla retribuzione imponibile del dipendente (destinata a finanziare la NASPI). Il costo invece è maggiore in caso di rinnovo del contratto di lavoro a termine a causa sempre del contributo addizionale dovuto all’Inps che sale allo 0,50% in caso di rinnovo.